lunedì 30 aprile 2007

"Giornate della memoria": così non vanno proprio!

L'Olocausto è a ragione considerato una delle più tragiche vicende che mai abbiano toccato l'umanità. Una considerazione che certo non viene fatta da poco tempo, eppure nell'ultimo periodo, si assiste ad una sorta di "corsa al ricordo". Si moltiplicano le fiction, i dibattiti in Tv, le iniziative pubbliche e le giornate della memoria su questo tema. Inutile dire che, come sempre, il tutto viene ben bene spettacolarizzato e banalizzato. Ma non è però questo che ci fa stralunare gli occhi, c'è dell'altro.

Nello scrivere il titolo provocatorio di questo corsivo non abbiamo paura di essere tacciati di antisemitismo. Come i nostri lettori ricorderanno, dell'immane tragedia patita dal popolo ebraico ci siamo occupati, con la toccante intervista ad Elisa Springer. L'elegante signora, da poco scomparsa, era stata testimone diretta di quella tragedia, perché internata ad Auschwitz. Dopo la roccambolesca liberazione dalla prigionia, Elisa si era rifugiata nel silenzio, decidendo di tenere per sè il dolore immenso che aveva che aveva patito, quasi a volerlo cancellare. Poi suo figlio Silvio le diede la forza di ricordare e, gli ultimi anni della sua vita, li ha trascorsi in giro per l'Italia, andando nelle scuole e fra i giovani per parlare dell'Olocausto e per "non dimenticare".

È proprio partendo dal suo insegnamento che ci permettiamo di dire che non vogliamo piú sentir parlare in questo modo della Shoa. A cosa serve conoscere la storia ed in particolare conoscere quei fatti terribili?

Se ci pensiamo bene saremo tutti d'accordo nella risposta: a non cadere piú negli errori del passato! Elisa Springer, e come lei gli altri testimoni dell'Olocausto, non smettono di ripeterlo: che il sacrificio di tanti innocenti non sia vano! Che non si ripeta mai, mai, mai più! Il senso della celebrazione del giorno della memoria dovrebbe essere questo.

Ma...c'è un "ma", ed è anche piuttosto grosso. Mentre inorridiamo- giustamente!- per la crudeltà di quegli uomini e quelle donne della Germania degli anni Trenta, ignoriamo che a due passi da noi quei fatti terribili accadono ancora. In questo istante.

Tanto per fare qualche esempio, pochi anni fa, Milosevich nella ex Jugoslavia praticava della sana pulizia etnica, con tanto di fosse comuni e campi di concentramento. L'Europa se ne è infischiata per un bel po', mentre noi Italiani ci lamentavamo pure dei profughi che, sfuggiti, approdavano sulle nostre coste come clandestini...Di guerra e mai sentito parlare? È stata soprannominata la guerra mondiale dell’Africa, per il numero di nazioni coinvolte (ben 6) e per il numero di fazioni e gruppi armati che vi prendono parte. Anche lì torture, fosse comuni e campi di concentramento, sempre mentre le altre nazioni ricche se ne fregano. Dal ’99 ad oggi sono due milioni e mezzo i morti accertati, prima di occuparcene dobbiamo arrivare 6 milioni come nella Seconda Guerra Mondiale?! Giusto per chiudere in bellezza questa piccola galleria dei genocidi contemporanei, vogliamo chiederci che combinano in Isdraele proprio gli eredi di quegli Ebrei scampati all'Olocausto? Niente di buono a dire il vero: oppressione e diritti umani allegramente calpestati ai danni dei Palestinesi.

Abbiamo proprio messo a nanna le nostre coscienze?! Una proposta ci permettiamo di farla: riempiamo di contenuti queste celebrazioni storiche, parliamo dell'odio etnico e della povertà che lo alimenta, parliamo dei diritti di tutti i popoli (anche quelli che hanno meno accesso ai media!), parliamo della tolleranza e anche di quel razzismo che ispira certi nostri giudizi. Non ci farebbe neanche male riflettere sulle responsabilità che i Paesi Occidentali hanno in questi conflitti, né sarebbe cattivo veder quanto contano molte aziende multinazionali nel fomentare (e nell’armare!) l’odio etnico. Per tornare al nostro esempio, in Congo sono le grandi case produttrici di diamanti a contendersi il Paese, ricco di giacimenti.

Quando poi spegniamo la Tv, di tutto questo parlare facciamone tesoro...con i fatti e con le nostre scelte quotidiane, le quali- credetemi- contano tantissimo!

Disokkupati! Bugie e verità, trappole e soluzioni di un fenomeno dilagante

Mai argomento è stato come questo il principe delle discussioni da bar, quanto l'oggetto degli studi più seri di economia, sociologia e ultimamente anche di psicologia; ha ispirato film di successo, come Full Monty, ed ha reso agitate le notti di tanti politici, in Italia e nel mondo. È la disoccupazione. Un fenomeno complesso, dalle mille sfaccettature, nel quale é difficile capirci qualcosa, anche perché tanti sono i luoghi comuni e le inesattezze e perché nella giostra di numeri ed indagini che ci vengono propinati, è davvero difficile orientarsi. Nulla di strano però: ai numeri si può far dire ciò che si vuole, tanto più che su un tema come la disoccupazione in Italia si decide se si vincono o si perdono le elezioni!

Bufale‘s party
Prima fra tutte le bufale è quella che vuole che la disoccupazione come un fenomeno contemporaneo, quasi una sorta di effetto collaterale della tanto abusata “globalizzazione”. In realtà, in Occidente, esiste almeno da 300 anni su larga scala, mentre, come fenomeno circoscritto alle città, è ancora più antica. Proprio la presenza di lavoratori in esubero ha consentito l’innestarsi di fenomeni importantissimi nella nostra storia, come l’inizio della Rivoluzione Industriale o la nascita ( e poi la caduta) del Fascismo e del Nazismo.

Guardare al passato però non ci consola più di tanto. Può essere più utile vedere come se la cavano i nostri cugini in Eurolandia e nel resto del mondo. La media mondiale dei disoccupati si aggira intorno al 6%, si tratta però di una stima estremamente imprecisa, alla quale affiancare la constatazione che, in molte zone del mondo, l’idea di un posto di lavoro come l’abbiamo noi è assolutamente sconosciuta. Più preciso è il dato della disoccupazione in Europa: 9%, che in valore assoluto equivale ad un esercito di 35 milioni di persone in tutta l’area.

Lo “stipendio” per chi non ha lavoro
Come in ogni buona famiglia, ci sono sempre i più virtuosi. I Paesi scandinavi infatti, Svezia, Norvegia e Danimarca, non vanno oltre il 4%. Altri invece, come la Francia, che ha un tasso di disoccupazione più consistente, cerca di venire incontro alle esigenze soprattutto degli “inoccupati”, ossia quei giovani che non hanno ancora trovato il primo lavoro. A tutti loro, infatti, lo Stato garantisce un salario minimo di poco meno di 400 euro, che si può percepire a prescindere da tutto. Basta vivere in Francia, non avere lavoro, avere meno di 27 anni ed avere un conto corrente, su cui la cifra viene versata. Questa specie di “salario di entrata” è disponibile anche per i cittadini dell’UE, tant’è che è diffusa la pratica di molti studenti Italiani o Spagnoli che scelgono di partecipare al progetto Erasmus in Francia e, durante quell’anno di studio, percepiscono regolarmente il gettito. Non è una scelta scellerata, poiché, oltre alla Francia, sono altri i Paesi che hanno scelto questa via, fra i quali l’Olanda ed i già citati Paesi scandinavi. Fare i furbi- cioè fare qualche lavoretto e prendere anche il salario sociale- non è possibile, poiché quasi nessun lavoro si fa in nero e ogni contratto di lavoro implica la sospensione, salvo poi poter beneficiare di altre soluzioni se si viene licenziati. Quest’idea di “salario d’entrata “ o “salario minimo d’ingresso” comincia a circolare anche da noi: in neo- eletto governatore della Puglia, Nichi Vendola, ha infatti intenzione di prenderlo seriamente in considerazione. Naturalmente non è tutto oro quel che luccica: se i 400 euro francesi non sono poi così lontani dallo stipendio, ad esempio, di un nostro lavoratore socialmente utile, a Parigi non bastano per affittare una stanza in un appartamento nell’estrema periferia della città!

Ricchezza = disoccupazione?

Il “salario minimo d’ingresso” è una soluzione per allentare la tensione sociale, alla cui base c’è l’idea di distribuire meglio la ricchezza, a favore di chi è più sfortunato; non c’è dubbio che i nuovi poveri siano proprio quelli che non trovano lavoro! La ricchezza media dei Paesi sviluppati cresce costantemente, non cresce però il numero dei posti disponibili. Come mai? La ragione è presto detta. Nel suo ultimo rapporto annuale, lOrganizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha mostrato come stia aumentando la “produttività” degli occupati (più del 4% solo lo scorso anno), cioè, per fare la stessa quantità di lavoro, sono necessarie sempre meno persone, perché grazie alle macchine si fa più in fretta e si fa sempre meglio. Quindi sempre più persone sono espulse dal sistema produttivo perché non c’è più necessità di loro. Tale tendenza, iniziata nell’Ottocento, sembra destinata a permanere, finché continuerà il progresso tecnologico. E c’è da scommettere che continuerà…! Prendersela con le macchine è abbastanza ingenuo. Quando il Inghilterra si diffusero le prime macchine a vapore, i lavoratori, che perdevano il posto, presero a distruggerle a bastonate – si chiamavano Luddisti- perché erano la faccia misteriosa del diavolo! Se avessero avuto ragione i Luddisti, ora saremmo fermi poco più avanti del Medioevo!

Non mancano le voci di chi sostiene che, produttività del lavoro e nuove tecnologie a parte, la disoccupazione è necessaria a sostenere il nostro sistema economico; quindi i governanti delle nazioni più ricche, d’accordo con la grandi multinazionali, sarebbero d’accordo a conservare una bella fetta di senza- lavoro. Una prospettiva piuttosto allarmante, ma che spiegherebbe come mai, a fronte di molte migliaia di persone che si impoveriscono, la ricchezza globale (quella concentrata nelle mani di pochi ) cresce comunque.

Quantità e qualità

Che ce ne sia poco ormai lo abbiamo capito, resta da vedere di che specie è quello rimasto; detto in un altro modo significa chiedersi com’è la “nuova disoccupazione” nell’era della flessibilità. Per “flessibilità” intendiamo una serie di provvedimenti legislativi che, in Italia come nel resto d’Europa, hanno rotto il tradizionale sistema del “posto fisso”, a tempo indeterminato, con garanzie forti, ma con un numero di assunzioni limitate, a favore di sistemi più snelli e con meno garanzie. L’imprenditore non è più costretto ad assumere “a vita” un lavoratore, ma può stipulare con lui una serie di contratti a seconda delle necessità. Tutto ciò ha in effetti aumentato l’offerta di lavoro, ma…ci sono state conseguenze impreviste. Secondo il “37° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese” i nuovi posti di lavoro che si creano non sarebbero di buona qualità. Infatti sono sempre meno autonomi (questo significa che il nostro mercato del lavoro non potrà contare più su questa forma di impiego come bacino di compensazione ), nascono grazie a qualche forma di sgravio contributivo ( il che rende più difficile poter godere d una pensione decente), non producono accumulazione di sapere e di competenze e soprattutto ha una durata temporale limitata. Una ricerca dell’Isae (l’Istituto di studi ed analisi economica ) mostra che- dati del giugno del 2004- circa l'11% degli occupati dell'industria è impiegata a tempo determinato, l'11% a tempo parziale. Confrontando questi dati con quelli emersi nelle inchieste del 1994 e del 1999, emerge un forte aumento dell'occupazione a tempo parziale (era il 2% in entrambe le precedenti rilevazioni) e determinato (quasi triplicata rispetto ai cinque anni precedenti, quando pari al 4%). Il part time è molto più diffuso tra le donne (16% del totale delle occupate); forme di lavoro temporaneo sono invece utilizzate in modo omogeneo per l'occupazione maschile e femminile. Insomma, lavoratori che già erano abbastanza penalizzati nel mercato del lavoro- le donne, i giovani alla prima occupazione, quelli con basso livello di specializzazione- ora sono meno tutelati e l’occupazione che viene loro offerta è precaria, o come si dice oggi “atipico”. E non si salvano le Pubbliche Amministrazioni: anche gli Enti pubblici preferiscono assumere con contratti di questo tipo, perché il risparmio per le casse dello Stato è notevole. A prima vista i datori di lavoro risparmiano. Gli atipici però sono dei consumatori un po’ particolari: evitano di consumare! Detto in maniera più scientifica significa che chi ha un lavoro precario, cerca di rimandare il più possibile acquisti importanti (la casa, l’auto, l’arredamento) e di limitare quelli effimeri (viaggi, divertimento, accessori, ecc.) per risparmiare in vista di un possibile licenziamento. In questo modo si “tesaurizza” una parte del PIL, cioè soldi che potrebbero essere spesi per rilanciare e sostenere le nostre imprese, rimangono fermi e non producono altra ricchezza.

Qui “Terronia” city

Un effetto positivo c’è: nel terzo trimestre del 2004 la disoccupazione è scesa al 7,4%, sei decimi di punto in meno rispetto alla precedente rilevazione. In base ai Istat, un tasso di disoccupazione così basso non si vedeva da circa un trentennio. Attenzione però a leggere fra le righe: anche questo dato mostra un fenomeno inquietante. Ricordate i viaggi della speranza degli anni Cinquanta dei “Terroni” verso le città del Nord Italia…? Il calo della disoccupazione è dovuto esclusivamente alla riduzione delle forze lavoro nel Mezzogiorno (-95.000) mentre al Nord (+38.000) e al Centro (+13.000) l'aggregato risulta in aumento. Il punto è che un tempo si trasferivano per lavorare in fabbrica i contadini poveri, con molte bocche da sfamare e senza istruzione, oggi sono costretti ad emigrare giovani laureati, molti dei quali accettano poi di fare qualsiasi lavoro, “sprecando” la loro laurea. Sempre secondo l'Istat i dati sarebbero influenzati da un altro fenomeno: al Sud nelle fasce dei più giovani e delle donne si è in molti caso rinunciato alla ricerca attiva di un impiego, quindi non ci si iscrive più negli uffici del lavoro.

Matto come…un disoccupato

Del mondo dei senza- lavoro si è anche occupata la psicologia e la sociologia, arrivando a risultati simili. Non avere un’occupazione, o averne una di cattiva qualità, crea delle vistose conseguenze. A livello psicologico si giungerebbe ad una specie di psicosi del lavoro, con stati ansiosi e depressivi, con la perdita di fiducia in sé. Da un punto di vista sociale, i disoccupati tendono a creare dei “ghetti”: non riescono ad instaurare amicizie con persone che hanno lavoro, quindi le loro possibilità di trovare occupazione diventano minori. Sarebbero inoltre soggetti a più malattie, più divorzi e si prestano con più facilità tanto a piccoli crimini, quanto ad appoggiare movimenti politici estremisti.

Flessibilità all’italiana

Dov’è il trucco? Non ci avevano forse detto che la flessibilità ci avrebbe aiutato?
Il problema è molto complesso ma qualche aspetto si può correggere: la flessibilità non dovrebbe riguardare principalmente i lavoratori marginali, come avviene da noi, ma piuttosto quelli qualificati e molto richiesti (i manager, i grandi consulenti), più o meno come succede per i medici e i direttori delle nostre Ausl. Le fasce deboli, inoltre, dovrebbero essere riqualificate con apposita formazione professionale ( di cui di certo non possono occuparsi solo le imprese), altrimenti sono destinate ad essere sempre soppiantate da qualche nuova tecnologia. Per chi invece si trova nella difficile condizione di non avere lavoro la parola d’ordine è “specializzarsi”, ossia acquisire delle competenze precise, saper fare qualcosa, e magari scegliere la branca giusta dopo aver osservato le aziende che ci sono sul proprio territorio. La scuola, l’Università ed anche parte della formazione professionale sfornano ancora “tuttologi” che nessuna impresa sa, o vuole, collocare.

Le nuove schiave: faccia a faccia con la prostituzione in Puglia

La schiavitù è stata abolita? Niente affatto! Esiste e si perpetua ogni giorno proprio sotto il nostro naso, non nei paesi del Terzo Mondo, ma nel ricco e civile Occidente. La moderna tratta umana si chiama “prostituzione” e a riportare alla ribalta l’argomento è stato il dibattito sull’abolizione della legge Merlin ( la legge del ‘58 che ha abrogato le case chiuse). Da allora il fenomeno non si è per nulla ridimensionato, anzi,è diventato un eccezionale business su cui hanno messo le mani i boss emergenti della nuova mafia dell’est. A renderlo così appetibile le pene relativamente contenute inflitte agli sfruttatori e gli alti guadagni ( una prostituta rende al suo sfruttatore ogni mese dai 5000 ai 7000 euro).

La Puglia, secondo le Forze dell’Ordine, soprattutto in seguito allo smantellamento del contrabbando, è diventata il punto di snodo principale a livello internazionale del traffico di ragazze destinate al marciapiede. Proprio per la sua posizione geografica, è il luogo dove arrivano le clandestine, vengono esposte nude come delle bestie al mercato e vendute in vere e proprie aste. Poi sono seviziate finché non si piegano ai loro aguzzini e intraprendono la “professione”, a questo punto vengono esportate in una grande città del nord. In questo quadro agghiacciante la malavita pugliese, e soprattutto quella salentina, ha un ruolo importante nel definire gli aspetti logistici del traffico. A riprova di ciò alcuni recenti fatti di cronaca.

Nel settembre del 2002, nell’operazione “Vie libere”, condotta dalle Questure di Bari, Brindisi e Lecce, vi furono centinaia di arresti in 12 regioni italiane; in provincia di Bari furono state arrestate 29 persone e 77 denunciate, mentre 27 extracomunitari - gran parte dei quali donne - coinvolti in fenomeni di prostituzione, furono accompagnati in Questura per l’identificazione e espulsione; le donne extracomunitarie fermate erano in maggioranza sudamericane (colombiane, ecuadoregne e brasiliane) e per il resto nigeriane.

Nell’agosto dello stesso anno commosse l’Italia la storia di una quindicenne rumena, letteramlemte ridotta in schiavitù e tenuta segregata ad Otranto. Era partita dalla Romania con la promessa di trovare un lavoro da baby sitter in Italia: ma come per tante ragazze prima di lei, l’arrivo sulla costa pugliese significò l’inizio di una vita di segregazione, violenze e prostituzione.

Ma qual è la reale entità del fenomeno? Secondo un’indagine condotta dalla Commissione Affari Sociali della Camera, le prostitute sarebbero un esercito compreso fra 50 e 70mila. Fra loro circa 25mila le immigrate e 2mila le minorenni. Il 65% lavora in strada, il 29,1% in albergo, il resto riceve in casa. Non sono però tutte donne: lo 0,8% sono travestiti ed il 5% transessuali, questi ultimi molto richiesti per delle performance di sesso estremo; mentre nell’80% dei casi il sesso a pagamento, di qualunque specie sia, non è protetto da preservativo. Il tutto per un giro d’affari che, secondo l’Eurispess, è di circa 3mila miliardi l’anno di vecchie lire.

I clienti chi sono? I clienti sono tra i nove e i dieci milioni, di cui circa 5-600 mila donne.
Gli uomini che scelgono il sesso a pagamento sono per lo piu' impiegati, professionisti, commercianti ma non mancano gli studenti; il 4% dei clienti non e' neanche maggiorenne, mentre piu' del 21% ha tra i 19 e i 25 anni, il 70% e' sposato.
Quanto alla distribuzione geografica poco piu' del 50% delle prostitute immigrate lavora al Nord, poco meno del 40% al Centro e una piccola minoranza al Sud e nelle Isole. Nella maggior parte dei casi si tratta di ragazze fatte venire in Italia con la promessa di una vita migliore. In particolare al 42,9% di esse era stato promesso un lavoro, nel 29,5% si tratta di clandestine, il 16,1% e' stato vittima di rapimento nel proprio paese, il 3,8% e' stato sequestrato in Italia ed infine, e' presente un 7,8% di donne sfruttate dai fidanzati.
Le straniere provengono principalmente dall'Europa dell'Est (48%), dall'Africa (22%) e dal Sud America (10%).

E sono proprio le straniere fare la vita peggiore. I problemi che le lucciole straniere devono affrontare sono molti, primo fra tutti, sembra incredibile, poter continuare a prostituirsi! La maggior parte di loro, per la legge italiana, praticamente non esiste perché priva del permesso di soggiorno. Se scoperte come clandestine, vengono rispedite in patria e qui trovano quelle condizioni di vita impossibili che le avevano convinte ad emigrare. C’è poi l’accoglienza della loro famiglia, non sempre tanto calda. Una ragazza che si prostituisce in Italia, infatti, assicura con le sue rimesse, la sopravvivenza ad una famiglia di 5-6 persone in un Paese del Terzo Mondo. Ma non è tutto, può capitare che siano gli stessi padri ad aver venduto una figlia ad uno sfruttatore per ottenere in cambio una cifra che si aggira sui 2500-3500 euro, dunque lo stesso padre non accetta di riprendere in casa quella figlia.

Le prostitute di colore devono fare i conti con la concorrenza. I clienti italiani preferiscono le donne bianche, la cui prestazione è pagata circa 25 euro, mentre le nere devono accontentarsi di 20. Il nemico più pericoloso è l’hiv. Si stima che in Italia la più consistente via di trasmissione sia la prostituzione appunto. Mentre secondo don Oreste Benzi dovrebbero essere i clienti a risarcire le ragazze quandole contagiano, una volta diventate sieropositive hanno difficoltà ad accedere alle cure, oltre che timore di recarsi in ospedale. Le clandestine vengono rispedite in patria ed in Nigeria, ad esempio, chi ha contratto l’Aisds viene internato nei “cronicari”, una vie di mezzo fra un carcere ed un sanatorio, dove è costretto a rimanere finché non muore. Le nigeriane sono poi intimidite dai riti voodo che le protettrici fanno ai loro danni. Per evitare il malocchio e proteggere da quest’ultimo la propria famiglia, le ragazze si sentono obbligate a vendersi. Se non c’è un motivo religioso ce n’è uno economico: le nigeriane arrivano in Italia come clandestine ed il “biglietto” d’accesso all’Europa costa circa 60-70 milioni di lire: per estinguere il loro debito con i trafficanti di clandestini devono prostituirsi.

Anche avere un pezzo di marciapiede a disposizione è un problema. I luoghi dove si “batte” sono rigorosamente parcellizzati dalla malavita locale che li affitta ad ogni prostituta a circa 1000 euro al mese. Il motivo che più spesso è alla base delle risse fra le lucciole è proprio l’occupazione “abusiva” di un marciapiede.

Un capitolo a parte è quello della prostituzione minorile. Un fenomeno meno visibile ma assai più preoccupante. In Italia le minorenni ed i minorenni, non possono prostituirsi, e le pene per chi sfrutta sessualmente i bambini sono abbastanza severe. Minori che si prostituiscono per strada non se ne vedono, si prendono strade diverse: il turismo sessuale e lo sfruttamento in casa.

Secondo l'Eurispes, il fenomeno della prostituzione minorile ha avuto, nel corso di pochi anni, un incremento del 200%, raggiungendo, in termini di ''fatturato'' i cinque miliardi di dollari l'anno.
I paesi maggiormente coinvolti sono il Brasile dove si stimano 500mila minori prostituti, il Peru' (500mila), l'India (300/500 mila), la Cina (200/500 mila) e la Tailandia (200/300 mila).

"Il fenomeno del turismo sessuale in danno di minori - spiega Patrizia Miazzo, responsabile dell'ufficio stampa di Terres des Hommes Italia - gode della più assoluta impunità. Un italiano all'estero che commette un reato di violenza o di sfruttamento sessuale di un minore non rischia niente e non è di fatto perseguibile penalmente. In questi Paesi in Via di Sviluppo (PVS), dove la corruzione è endemica e dove le leggi vigenti siano in taluni casi severissime, le autorità locali lasciano correre e al massimo, se si viene scoperti, si finisce in camera di sicurezza per qualche giorno e poi si viene rilasciati senza nessuna conseguenza."

Ma le cifre, infondo, non dicono molto delle tante storie di vita che ogni giorno si consumano per strada. E qualcuna di queste storie ha un lieto fine, come quella di M., la prostituta che ha shoccato, con il suo racconto, fatto pubblicamente in udienza dal Papa, una platea di vescovi, ambasciatori e prelati dell’Università Gregoriana; M. ora conduce una vita normale grazie a don Benzi. << Sono albanese, ho 18 anni e sono arrivata in Italia quando ne avevo tredici .Avevo perduto i genitori e un ragazzo, che credevo mi amasse, mi ha portato in Italia. Sono arrivata a Milano, con la prospettiva di trovare il benessere e una nuova vita; ero felice, al settimo cielo, e mi sentivo fortunata. Poi lui mi ha detto che doveva partire per un breve periodo e che mi affidava a un suo amico ed e' cominciato un inferno>>'. Il fidanzato l'aveva venduta a un altro albanese che la costringeva a prostituirsi in un night dell'interland: aveva 13 anni e per un rapporto con una schiava-bambina i clienti pagavano cifre molto elevate. Poi ancora un’altra vendita ed il trasferimento nelle Marche, dove veniva fatta prostituire per strada. A 16 anni, diventò proprieta' di un siciliano, rimase chiusa per quasi due anni in un appartamento di Palermo, senza mai vedere la luce del sole, legata e costretta ai rapporti piu' raccapriccianti. <<Sono stata salvata dalla polizia quando ha fatto irruzione in quella casa-prigione. Ho sofferto tanto, so cosa e' la passione di Cristo, ma ora so cosa e' la Resurrezione; ho anni terribili alle spalle, ma sono libera, posso sperare e, spero, dimenticare>>.

Tristemente simile la storia di A., albanese, aveva solo 14 anni quando fu venduta per 5 milioni di lire. Finì sulle strade di Genova dove era contesa, proprio per la sua giovane età, da clienti facoltosi di cinquanta o sessant’anni. A mettere fine all’orrore di una bambina oggetto di attenzioni morbose, furono delle altre prostitute albanesi che si decisero a chiamare la polizia. Questo il racconto di A.:<< Quando sono arrivata da Bari a Genova mi hanno portato in un appartamento dove sono rimasta rinchiusa tre mesi in attesa dei documenti. Fino all'arrivo del passaporto pensavo di essere in Italia per fare la cameriera. Ma poi Mariglen-il suo compagno- mi ha detto che avrei fatto la prostituta per lui>>. A. si ritrovò a Brescia, per “imparare il mestiere”. La sua docente era una maitresse che la faceva assistere a tutti i suoi rapporti con i clienti. Poi il ritorno a Genova dove cominciò ad essere venduta. Un’esistenza troppo dura per una bambina, e lei decide di ribellarsi: disse al suo fidanzato di voler smettere, di essere esausta. <<Lui- racconta A.- mi ha chiuso in uno sgabuzzino dove mi ha fatto inginocchiare e mi ha urinato in bocca. Mi ha poi intimato di berla, una e due volte, altrimenti mi avrebbe ammazzato. In questo modo mi voleva sottomettere per sempre alla sua volontà, come una schiava.>>

Sembra lo stesso il racconto di L., anche lei straniera, anche lei tradita da un uomo, anche lei liberata dalle Forze dell’Ordine che la arrestano; la sua storia è stata raccolta da due detenute sue compagne. << A 13 anni, al mio paese, ho conosciuto un ragazzo, un uomo . Ha 10 anni più di me, ed era bello, ricco e forte. Io pensavo di essere stata baciata dalla fortuna solo per averlo conosciuto, e dopo che lui si era dichiarato innamorato, mi sentivo non una principessa, ma una regina. Vivevo per lui, nella mia mente c'era solo lui. Solo ora, a distanza di tempo, il ricordo di quei momenti mi fa paura. A 14 anni mi sono sposata e sono andata a vivere a casa sua. E il sogno continuava. Ma ben presto, dopo pochi mesi, lui mi ha proposto di venire in Italia per fare un giro. Una notte partiamo, io, lui, un suo amico e la moglie del suo amico, saliamo su un gommone con molte altre persone a bordo. Arrivata in Italia scopro che lui aveva già preso una casa in affitto per noi quattro. Dopo qualche giorno ho notato qualcosa di strano nel suo comportamento con me, e ho cominciato a parlare di questo con la moglie del suo amico. Ed è stato allora che lei mi ha spiegato brutalmente che se io ero in Italia era solo per lavorare come prostituta, e che lei mi doveva insegnare il mestiere. Dopo due o tre mesi, lei ha iniziato a darmi queste “lezioni”. Vivevo un incubo e speravo sempre: domani sarà diverso. Ma una sera quella donna mi disse che dovevo cominciare a lavorare. ERO TERRORIZZATA. Mio marito, senza parlare, ci ha accompagnate in auto sul posto. Siamo scese, lui è andato via e io ho cominciato. Ricordo ancora i primi clienti che si fermavano, mi guardavano, vedevano che ero bambina e nonostante le insistenze dell'amica di mio marito andavano via, dicendo che in Italia si va in galera per questo. Poi è arrivato il primo che ha accettato. Così è iniziato il mio calvario. Dopo una settimana mi hanno lasciata da sola in strada. Lui mi accompagnava, mi lasciava, continuava a girare sempre attorno, poi mi riaccompagnava a casa e mi chiedeva i soldi, che erano, di solito, circa un milione di lire. Poi cominciò a pretendere sempre più soldi e se si accorgeva che un cliente veniva da me per più di due o tre volte, mi picchiava. è successo anche che mi ha spezzato un dito e sono andata in ospedale. Non potevo chiedere aiuto alla mia famiglia perché lui mi minacciava, ho tentato di scappare ma lui mi ha ripreso e dopo è stato peggio. Sembra assurdo dire una cosa del genere, ma il mio arresto è stato anche l'inizio della liberazione da questo inferno!>>

Ed è proprio la “liberazione” di queste nuove schiave ciò che appare un obiettivo imprescindibile per tutta la società civile. Della prostituzione, quasi poetica, cantata in alcune canzoni o raccontata nei romanzi, oggi, non vi è traccia. Come mostrano i dati e, come confermano le storie, vendere il proprio corpo non è quasi mai una scelta, e dietro a questo fenomeno c’è una realtà tristissima di sfruttamento e di violenze, ma anche un colossale business per criminali senza scrupoli, ed anche tanta umanità. Forse dovrebbero tenerlo a mente i dieci milioni di italiani che, essendo “clienti”, alimentano questo traffico. Forse potremmo tenerlo a mente tutti noi.

venerdì 27 aprile 2007

Oria: tasse e bugie

E’ stato approvato in giunta il bilancio del Comune di Oria e, nonostante, il documento non sia ancora passato in consiglio comunale, dove sarà esaminato ufficialmente il prossimo 30 aprile, le forze politiche sono già in fermento. Argomento caldo di discussione è il ritocco fatto all’aliquota dell’addizionale Irpef, che passerà dall’attuale 0,4 allo 0,6. Per l’opposizione, è una misura vergognosa ed ingiustificata, per la maggioranza un onere modesto e necessario per realizzare una serie di interventi procrastinati per troppo tempo. In particolare i Ds, in una dura nota, hanno denunciato il progetto dell’aumento del 50% dell’imposta, che creerà danni soprattutto delle famiglie più numerose. Soprattutto non va giù ai Democratici di Sinistra che si sia giustificato l’aumento delle tasse con non meglio precisati tagli ai Comuni previsti in finanziaria o ancora con vecchi debiti contratti dall’ultima amministrazione di centro- sinistra, guidata da Sergio Ardito. <> E ancora <<“Riduzione dell’aliquota Ici sulla prima casa”: ebbene a 10 mesi da quella promessa elettorale fatta alle famiglie, non solo l’Ici non è stata abbassata, ma viene addirittura aumentata un’altra imposta. >> L’opposizione vuole, inoltre, vederci chiaro sul come verrà impiegato il nuovo gettito e propone, qualora lo si volesse utilizzare per realizzare delle opere pubbliche, una “tassa di scopo”, ossia un prelievo effettuato per una determinata opera.

< è già poco adatta a rendere la misura delle cose. I Comuni possono andare dallo 0,4 allo 0,8; noi eravamo fermi all’estremo più basso, ora siamo passati nel mezzo del range. Per farci un’idea dei numeri, una famiglia che percepisce 1000 euro al mese dovrà pagare 13 euro all’anno in più. Le fasce più deboli non saranno toccate: né i disoccupati, né coloro che vivono con pensioni sociali o al minimo, né gli invalidi.>> Il sindaco si spinge, inoltre, a indicare gli interventi che saranno finanziati con l’aumento dell’Irpef:<<>> Ma il piatto forte sarà il rafforzamento dell’apparato amministrativo: a breve saranno banditi una serie di concorsi pubblici, per primo quello per agenti di polizia municipale.

Erchie (BR): tutti pronti alle elezioni amministrative

Le liste verranno consegnate stamani in comune, ma, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto che le stesse forze politiche comunque escludono, i candidati alla poltrona di primo cittadino di Erchie saranno solo due: Giuseppe Margheriti e Francesco Mancini. Sarà una sorta di esperimento di bipolarismo perfetto poiché il primo è sostenuto da tutti partiti della Casa delle Libertà, ossia Forza Italia, Alleanza Nazionale e Udc; il secondo avrà dalla sua l’Unione al completo: i Democratici di Sinistra, la Margherita, Rifondazione Comunista, l’Italia dei Valori ed i socialisti dello Sdi.

Si decide tutto in un turno poiché la città conta solo 8700 abitanti: chi prende più voti governa, senza ballottaggio. Oltre al primo cittadino verranno assegnate 15 poltrone di consigliere comunale. I due schieramenti si fronteggiano con strategie elettorali opposte. La maggioranza uscente di centro- destra punta sulla continuità, presentando come candidato il vicesindaco che, nell’ultima tornata elettorale, è stato anche il consigliere più votato. L’attuale primo cittadino, Massimo Prima, ha deciso di farsi da parte dopo due mandati consecutivi; tecnicamente, essendoci stata un’interruzione nell’amministrazione, poteva essere candidabile, ma una valutazione politica della coalizione ha decretato che si cambiasse il premier, senza però disperdere nulla del lavoro fatto. È invece una candidatura “di rottura” quella dell’Unione. Mancini infatti è il più giovane aspirante sindaco della provincia e probabilmente anche d’Italia nelle amministrative del prossimo 13 e 14 maggio. L’avvocato 27enne è alla sua prima esperienza politica, ma la coalizione punta molto su di lui. Ha respirato in casa “aria amministrativa” essendo figlio di Domenico Mancini, assessore provinciale ai Trasporti ed alla Protezione Civile, e rappresenterebbe la fortissima espirazione al rinnovamento della classe politica di cui sono portatori i giovani di Erchie, ma non solo.

Fra oggi e domani sono previsti i comizi di presentazione delle diverse liste, ma i temi “caldi” della campagna elettorale sono già argomento di dibattito da tempo: lo sviluppo della città, i rapporti con i paesi limitrofi e il piano regolatore, approvato proprio alla fine del mandato di giunta fra mille polemiche a causa di presunti conflitti di interesse che avrebbero toccato tutti i componenti della giunta.