martedì 3 marzo 2009

Scuola: cosa cambia


Cosa accadrà nel prossimo anno scolastico? È la domanda che rimbalza nel mondo della scuola da più parti: genitori, docenti e alunni si interrogano sulle effettive conseguenze della riforma Gelmini. Per i sindacati del comparto queste sono ore febbrili perché, chiuse le iscrizioni in tutti gli ordini, bisognerà vedere effettivamente quanti “prof” rimarranno senza lavoro. In attesa di dati ufficiali la Flc Cgil, cerca di fare chiarezza sulle tante voci in circolazione tramite il segretario generale, Amedeo Montagna, e tramite Norma De Francesco, membro della segreteria provinciale.

Cosa accadrà nel prossimo anno scolastico nelle scuole della provincia di Brindisi?

Montagna- Come avevamo già stimato a settembre, avremo 150mila “esuberi” in tre anni. In provincia di Brindisi, grazie ad un calcolo assolutamente “ragionieristico” fatto dal Csa avremo 142 docenti in esubero, solo nella scuola primaria. Noi però pensiamo che non si possa e non si debba intervenire con la scure e ci stiamo battendo per non perdere neanche uno di questi posti, pensiamo che ci siano i margini per mantenere gli organici di quest’anno.

Da più parti si sostiene che non ci saranno incarichi annuali per i cosiddetti, né le tanto sospirate immissioni in ruolo.

De Francesco- Lo scorso 28 febbraio in tutte le scuole del brindisino si sono chiuse le iscrizioni, ora i dirigenti invieranno le relazioni sugli organici; sulla base di questi dati, anche verificando i pensionamenti, 85 nella scuola primaria e 45 nella scuola d’infanzia, si vedrà. Noi pensiamo comunque che, se ci saranno le immissioni in ruolo, saranno pochissime e pochissimi saranno anche gli incarichi. Questo per effetto della riforma, nonostante che i genitori si stiano mobilitando e all’atto dell’iscrizione il 90% di loro ha chiesto un modello orario o di 30 o di 40 ore.

Cosa accadrà ai docenti soprannumerari?

De Francesco- Non è stato chiarito. Di certo leggiamo nei regolamenti attuativi, quando si parla di “ottimizzazione delle risorse umane” che, ad esempio, i dirigenti scolatici possono chiedere fino a due unità di docenti in più da utilizzare come “tappabuchi” per le supplenze, oppure che un insegnante può impiegare il suo orario in ben tre scuole della provincia, o ancora che chi ha l’abilitazione per un ordine di scuola diverso da quello in cui insegna, può essere mandato nell’altro anche se ha chiesto e ottenuto in passaggio di ruolo e vale anche per gli insegnanti che hanno ottenuto in passaggio dal sostengo alla classe comune.

Dal punto di viste dei genitori e dei bambini, in pratica, cosa accadrà nei diversi ordini e che significano questi modelli orari?

De Francesco- I cambiamenti più significativi ci saranno nella scuola primaria, dove si rischia di perdere più posti. In pratica fino allo scorso anno, i bambini stavano a scuola per 30 ore settimanali e lavoravano in un’organizzazione chiamata modulo con un gruppo di docenti, oppure svolgevano 40 ore settimanali, il cosiddetto tempo pieno, anche qui seguiti da un team di docenti. In entrambi i casi c’era la compresenza, cioè una certa quantità di ore settimanali in cui in classe sono presenti due insegnanti, in queste ore si svolgono laboratori, uscite didattiche, lavori di gruppo o recupero per i bambini più lenti. La compresenza è stata eliminata dalla riforma. Le conseguenze sulla qualità dell’insegnamento sono evidenti

Sembrerebbe che il famoso “maestro unico” non sarà applicato, eppure qualcuno, ministro compreso, continua a chiamarlo in causa.

De Francesco- Non ci potrà essere in nessuna classe il “maestro unico”, in effetti dopo la mobilitazione si settembre c’è stato un passo indietro del governo. Le associazioni dei pedagogisti hanno fortemente osteggiato questo ritorno al passato ed i genitori, anche nella nostra provincia, si sono mobilitati. Sono in atto petizioni e raccolte di firme, non solo contro il maestro unico, ma anche per il mantenimento dell’organizzazione